Lettera da Antonio D’Este a Luigi Tadini

Mittente:

Antonio D'Este

Destinatario:

Luigi Tadini

Data:

25 maggio 1803

Da Antonio D’Este a Luigi Tadini

Roma, 25 maggio 1803

 

Accademia di Belle Arti Tadini 

 

Pregiatissimo signor Conte.

Roma, 25 maggio 1803.

 

Ho ricevuto col mezzo del signor paroco Bellocchio una gradita sua dalla quale rillevo non solo il suo desiderio che le spedisca il bozzetto della Religione del nostro Canova, ma mi indica anche di averci favorito con altra sua, accompagnata di un di Lei poemetto [1], uno intendo per me, altro per Canova.

Per di Lei istruzione le dico, che stante la grandezza che esiggerebbe la cassa per la detta statuetta, il signor parroco non vuole incaricarsi di portarla e questo in vista del modo con cui ha egli intrapreso il di lui ritorno alla patria. Riguardo all’indicato poemetto nulla abbiamo ricevuto: le serva di regola. 

Il Vittali [2] ha consegnato l’involto stampe con lettera per Lei, dalla quale tutto intenderà. 

Noi godiamo tutti perfetta salute in mezzo ad una influenza maligna che fa temere ed il nostro Canova non lascia di prevalersi di questa, e d’impiegarla col dare sempre a noi nuove produzioni di arti, e così coprire in parte quel vuoto che ci ha lasciato le passate vicende (che Iddio voglia finite!). 

Ora il nostro amico sta terminando il grande modello colossale del primo console [3]. Sino ad ora si vede che Canova vuole non solo superare se stesso in quest’opera, ma vincere ogni aspettazione. Fra giorni sarà veduto l’indicato modello (della altezza di circa 16 palmi) da vari artisti dei più celebri, e da un numero di inteligenti. Sentiremo che ne diranno. Io spero bene e bene assai, e quantunque i miei occhi di tutta amicizia possino essere al caso d’ingannarmi, pur tutta volta voglio credere che non sempre sia così. Io ho detto in vari incontri a molti miei amici che non è di alcuno di fissare i confini del proffondo sapere di Canova, giacché di opera in opera vola a segno che far restare stordita Roma intiera non men che le arti belle; per cui se dico che non ancora non vi è limite per Canova credo di non ingannarmi certo. 

Tanti ossequi alla signora Contessa di Lei consorte non solo per me, ma per Canova, il quale unendosi a miei voti mi dice di fare quello che ora faccio io, cioè di dirmi suo obbligatissimo servitore ed amico di Lei pregiatissimo signor Conte 

Antonio D’Este

 

[1] L. Tadini, Ricciardetto ammogliato, in Crema: presso Antonio Ronna, 1803 

https://www.biblioteche.regione.lombardia.it/vufind/OpacrlRecord/LO1E027619?biblioFilter[]=LO1+96

[2] Pietro Maria Vitali (Bergamo, 1755-1830), vende al conte Tadini alcune stampe che riproducono opere di Canova.

[3] Si tratta del modello per il Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore: cfr. L’opera completa del Canova, presentazione di M. Praz, apparati critici e filologici di G. Pavanello, Milano 1976, n. 143.

 

Pubblicato in: Epistolario, a cura di Albertario M., in Antonio Canova nelle collezioni dell’Accademia Tadini, a cura di Albertario M., Milano 2010

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